Taccuini di viaggio
Un giardino tanto amato.
I giardini e i parchi orientali mi hanno sempre fatto sentire in un rapporto armonico con la natura coltivata e curata dall’uomo.
Saliamo al sacro Monte Fuji con la teleferica, la cima è coperta di nubi, solitaria e misteriosa.
Ma il luogo che per anni ho desiderato vedere, che ho a lungo ammirato in fotografia, studiato sui libri, è il giardino zen Rioan-ji, a Kyoto.
Finalmente la mattina del 24 agosto 2015 ero lì davanti al portone d’ingresso, alle 8:00 del mattino sono entrata. Varcato il portone, un viale alberato costeggia un lago ricoperto di ninfee, poi la fontana per la purificazione, la statua del Buddha e l’ingresso del hōyō. Lascio le calzature all’ingresso ed entro in un luogo di silenzio e meditazione.
Sono il primo visitatore, il giardino di sabbia bianca ben rastrellata dai monaci si estende nel recinto del muro, nel centro le isole di ghiaia nera con le pietre-isole. Massima semplicità, rapporto vuoto-pieno, il cielo blu intenso e gli alberi verdi sullo sfondo della scena. Il muro di argilla cotta fa da cornice.
Mi siedo sul pavimento in legno lucidato e rimango a guardare, quasi in uno stato di trans. Un luogo misterioso per il suo significato non immediato, ma in cui è tangibile il sacro, anche per chi non crede in una religione.
Rimango in silenzio, posso percepire il luogo, la pace che entra nel corpo e nella mente: tutto si ferma, anche il respiro è un troppo. Dopo un tempo lungo, l’attenzione si risveglia e sorge il desiderio di disegnare, di fissare pochi segni sulla carta, trovare la sintesi grafica di un tempo senza tempo.
Anche ora vorrei essere là.